7 Febbraio 2020
Sintesi della Relazione del Presidente Piergiorgio Fassini condiviso dal Consiglio nazionale del 1 febbraio 2020
“Il nostro Congresso Nazionale si terrà entro il mese di giugno 2020. Vorremmo emblematizzare la “location” del Congresso per riproporre la caccia con delle immagini indispensabili a riconquistare meriti nell’opinione pubblica.
La caccia ludica è cosa interna che non affabula i giovani, per la quale dobbiamo però chiedere rispetto in modo fermo, consapevoli dei pericoli che deriverebbero per gli italiani se la politica del fondamentalismo etico, degli abolizionisti, sfondasse.
Con questa introduzione di fatto sottopongo alla vostra valutazione le mie prime riflessioni dopo l’incarico avuto, affinché siano patrimonio di quella collegialità di gestione con la quale ho caratterizzato il mandato che mi avete affidato.
Le criticità interne sono pubbliche. Dal Congresso del 2016 l’ARCI Caccia ha attivato gli anticorpi per isolare chi ha tentato di sostituire alla partecipazione democratica, alle finalità statutarie, il primato degli interessi di parte, anche personali. Così è stata la fuoriuscita dell’apparato dirigenziale e dipendente toscano sostenuti e parzialmente ingaggiati dall’associazione che ancora è la “più grande”, anche se non più quella che esprime la maggioranza dei cacciatori italiani. Il tentativo è stato contenuto e circoscritto grazie e con grande merito ai dirigenti e al volontariato della Toscana.
Il problema purtroppo si è riproposto durante il periodo della Presidenza di chi mi ha preceduto.
Si prevede a breve un altro Consiglio Nazionale per gli adempimenti formali del Congresso”.
Il Presidente ha ripreso poi i temi del ruolo delle Associazioni Venatorie e l’unità del mondo venatorio: ponendo l’accento su gli atteggiamenti di facciata tenuti dalle altre Associazioni su questi temi.
“L’organizzazione dell’ARCI Caccia è impegnata per costruire, a partire da noi, quell’associazionismo venatorio che non sia solo la copertina di una polizza assicurativa ma un’Associazione di promozione culturale del ruolo dei cacciatori, pena l’ineludibile scomparsa della funzione sociale della caccia e la sostituzione del cacciatore volontario venatorio da una parte, da “professionisti” pagati e, dall’altra, da uno spendaccione acquirente di selvaggina relegato in spazi ancora più ristretti degli attuali.
Coniugare sociale, privato, bene comune, ludico e controllo delle specie, armonizzare e superare fratture e divisioni fra le diverse forme di caccia dovrebbe essere il nostro mestiere, quello del volontariato venatorio che noi, a tutti i livelli, esprimiamo. Le Associazioni che hanno eretto muri hanno fallito, lo dicono i numeri e l’impopolarità della caccia.
A noi il compito di costruire “ponti” per far passare le nostre idee e indicare la via dell’unità a chi promuove le “divisioni” nascondendo la mano. Queste “meschinità” hanno contribuito ad emarginare il mondo venatorio. Così come ha contribuito l’incapacità a prevedere il “boom” delle politiche ambientali, dei drammi climatici, dell’inquinamento dei boschi e della degenerazione dell’uso delle plastiche. O si cambia o ci spazzeranno via i nuovi indirizzi di politica economica europea ed italiana, la comunicazione, i movimenti. Occorre ripartire da quanti altri non vedevano l’ora di distruggere la FENAVERI, azione che non abbiamo contrastato forse con le giuste energie, per costruirla nei territori.
Poteva essere il punto di partenza per servizi, attività sportive, assicurazione unitaria dalle quali la FIdC è scappata.
Se le Associazioni Venatorie vogliono avere un ruolo non di lento inesorabile declino occorre ripartire dalla Cabina di Regia, non solo nazionale ma nelle Regioni e nei territori, laddove il potere “contrattuale” e la capacità di trasmettere iniziativa culturale può avere maggiori opportunità.
ll nostro spazio prioritario di rilancio passa per i borghi, i paesi, per la “patria della ruralità”, accogliente e ospitale anche per i cittadini urbani che debbono essere informati ed educati all’importanza delle campagne e dei diritti di vita dei suoi residenti, dei suoi presidi.
Lo spazio culturale della caccia futura passa per il superamento dello scontro sociale e politico città/campagne che, di contro, rischia di essere acuito dalle riforme della rappresentanza politica se non si correggono alcuni indirizzi del dibattito in corso sulle riforme istituzionali.
A fatica siamo riusciti a porre questi temi negli incontri unitari nazionali laddove la FIdC – e non solo – pensano alla loro sopravvivenza quale unica strategia: apparati, stipendi ai dirigenti, indennità.
Altro è l’interesse dei cacciatori e dei volontari che siamo e che sono la vera resistenza rispetto alla crisi della caccia, parte non estranea alle criticità del Paese.
L’unità di intenti e di “azione” nei territori fa male alla casta, non è vista in modo positivo come invece dovrebbe essere. Qualcuno vede tra i big la collaborazione come un avversario da sconfiggere anche talvolta in modo subdolo.
Così i più grandi rivendicano i loro numeri molto più in calo dei nostri. Un’autoreferenzialità suicida per i cacciatori e la caccia.
Abbiamo bisogno di alleanze con gli agricoltori (più divisi dei cacciatori) e con la società, per non rimanere una categoria prospetticamente sterile.
Aprire il tema della modifica della legge in vigore, salvo parlare al vento, sarà possibile solo con una volontà dei portatori d’interesse di sedersi ad un tavolo. Il nostro lavoro è a tutto campo, parlando con tutti: in “politica” e con gli agricoltori. Stiamo tessendo le fila per un rapporto senza pregiudiziali, nelle regioni e nazionalmente, con le organizzazioni agricole e con le Associazioni Venatorie (anche bilateralmente), per coniugare gli interessi comuni faunistici di pubblico e privato.
Non per “civetteria” ma per convincimento abbiamo dato attenzione al movimento Fridays for Future.
Oggi in Fondazione UNA con un’attenzione faticosamente acquisita anche di altri nel mondo venatorio, e non solo, il 18 aprile potrebbe essere la giornata nazionale per la pulizia dei boschi ed a novembre insieme a Confcommercio, Confindustria ed altri ci sarà il rilancio del luogo storico dell’Expo delle Armi a Brescia per una “fiera” ambientale sull’economia circolare, il plastic-free.
Per essere credibili e non provare solo ad imbellettare la figura del cacciatore in attesa di nuove leggi sull’attività venatoria, occorre far funzionare ATC e CA rifuggendo dalla mala pratica del pronta caccia (terapia da malato terminale), pratica adorata da chi ha un approccio senza prospettiva alla caccia.
La gestione faunistica si può fare.
Sono moltissime le responsabilità degli uomini, dei cacciatori, portatori di interessi diversi dalla caccia, presenti nei Comitati di Gestione che hanno prevalso negli ATC, più che nei CA, per affondarli.
L’ARCI Caccia si organizza per questa sfida? Certo che si organizzerà!!!
Rivediamo con il Congresso finalità, Statuto e organizzazione territoriale.
Occorre accorciare le distanze con il territorio ed i cacciatori: nazionalmente e regionalmente. Così tra Circoli, cacciatori, ATC/CA.
Come e quanto potrà contare di più il socio?
Abbiamo bisogno di una rete di ampia consultazione nella quale chi partecipa è consapevole che può dare un contributo di idee che si trasforma in partecipazione alle scelte.
Nuove tecnologie in armonia con la struttura organizzativa.
L’ARCI Caccia in Italia sarà il più grande circolo dei cacciatori, ancorché territorialmente organizzato.
Il Governo dell’Associazione deve rafforzare la collegialità, l’efficacia, la tempistica ma anche il rispetto delle regole comuni di cui ci dotiamo.
L’apparato, i dipendenti centrali e periferici si ricollocano a Roma e nelle strutture in armonia al servizio del volontariato.
La democrazia è fatta di regole da rispettare altrimenti c’è l’anarchia che priva di identità culturale l’associazionismo.
Il mondo venatorio italiano paga tutti i limiti di chi, scimmiottando i politici in campagna elettorale, si presenta solo per la campagna di tesseramento.
A noi l’impegno di trovare un modello da offrire ad una indispensabile “rifondazione unitaria” dal “basso” e dall’“alto”, del mondo venatorio. Lo capisca la FIdC quando noiosamente ripropone, per sembrare nuova, il suo modello vetusto complice della decomposizione del sistema. La rappresentanza, come dimostra la storia in tutti i campi, è forte solo quando è sintesi delle pluralità e del confronto delle idee.
La parte sportiva, la cinofilia, il tiro a volo sono attività organiche all’associazionismo di oggi e del futuro, linfa che deve scorrere sempre più dentro le nostre “arterie” legittimata di essere gruppo dirigente ARCI Caccia e nelle regole da questa promesse assicurare la presenza delle nostre bandiere nei territori: ZAC, impianti sportivi, agro-faunistiche.
Pongo solo una domanda: nella riforma del CONI c’è posto per Federazioni marginali?
Forse maggiore attenzione va data a quelle Federazioni sportive che non rifuggono le armi sportive. Ma di questo parleremo con appuntamenti specifici per non minimizzarne l’importanza.
Per finire due brevissime considerazioni/slogan da porre alla vostra attenzione:
la necessità della caccia, dei cacciatori, della politica e della Società tutta è di passare da un sistema di “protezione” ad un sistema di “gestione” della fauna selvatica (le problematicità del controllo degli ungulati la testimoniano)
l’altrettanto importante e delicata sfida per passare da un dibattito di “caccia si o caccia no” ad un molto meno demagogico dibattito su “caccia come”.
Queste sono le sfide che ci attendono: a partire da oggi ricominciamo un percorso che rafforzi il nostro modo di essere “Sindacato dei Cacciatori”: il Congresso ci dà questa opportunità; utilizziamolo al meglio per poter degnamente rappresentare, anche per il futuro, la passione che contraddistingue la nostra vita di uomini, di cacciatori, di difensori dell’ambiente e di paladini del territorio”.
Viva la caccia, viva l’ARCI Caccia